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Trento, 9 maggio 2020
Disegno di legge della Giunta provinciale
sulla manovra economica e finanziaria IN TEMPI DI CORONAVIRUS

Intervento in discussione generale
di Lucia Coppola, consigliera provinciale di FUTURA

Gentile Presidente, Giunta, colleghe e colleghi,

se ci poniamo, anche solo con il pensiero, fuori dalle mura entro cui ci siamo reclusi e dalle quali stiamo lentamente, e spero con cautela e prudenza uscendo, ci troviamo davanti a stili di vita e a domande pressanti che gli esseri umani non dovrebbero neppure porsi se avessero agito sin qui con saggezza e buonsenso. Persone o cose? Vita o lavoro? Salute o reddito? Natura o consumi? Ma la vera domanda è: possiamo scegliere, è giusto scegliere? O dovremmo piuttosto lavorare per rendere compatibili tutte le necessità e i bisogni essenziali, quelli veri. Lasciando sullo sfondo quelli indotti.

Il Corona virus ha dato a tutti uno scossone. Ha dimostrato che la vita di tutti i giorni può piombare dall'oggi al domani in un baratro. Che non c'è nulla di garantito, che quello che ci succede ora può ripetersi nuovamente, magari cambiando forma, o durare per sempre o persino volgere al peggio.

La politica, quella che vera, anche se poi deve concretizzarsi in azioni precise e mirate, come nel caso di questo importante Ddl, è autogoverno, prima di tutto dei nostri pensieri, poi delle nostre esistenze, ma soprattutto della vita collettiva, comincia da qui. Dal conflitto tra le alternative che le vicende del pianeta su cui viviamo ci pone di fronte, che sono spesso in conflitto. Tra classi sociali, tra basso e alto, tra base e vertice della piramide sociale.

Quella che dobbiamo fare è un'esperienza di riconquista di un rapporto con tutto ciò che nel mondo è vita, bellezza, salute e anche spirito. Dobbiamo farlo come bambini che si affacciano a una vita nuova, perché niente sarà più come prima. O si cambia il sistema o ce ne andremo insieme ad esso. Tutto quello che ci è mancato in questi tragici mesi di distanziamento, che mi rifiuto di chiamare sociale, perché è un distanziamento fisico. Mai come in questo terribile momento storico, infatti, le persone sono state socialmente vicine. Va dato atto ai nostri concittadini e alla società italiana nel suo insieme di aver messo in atto atteggiamenti responsabili, solidali, etici. Politici in definitiva. Perché come qualcuno ha detto gli italiani sono migliori dell'Italia e dell'immagine che spesso diamo.

Quello che abbiamo perso, in primis  a livello economico, relazionale, culturale, le scuole chiuse, la fatica dell'insegnamento/apprendimento online, lo smart working, la disoccupazione e la mancanza di reddito, la reclusione forzata dei nostri bambini, adolescenti e giovani, ma anche le piccole cose quotidiane a cui diamo valore: lo shopping, i vestiti nuovi, gli aperitivi, l'week end, la nostra auto ferma, le mille cose che ci possiamo sempre comperare, quando ci servono e anche no, i piatti di un ristorante, il lavoro che non ti lascia il tempo per pensare.

 E che cosa abbiamo potuto vedere in compenso? L'aria pulita, il cielo limpido, le stelle che tornano a brillare, i pesci nei canali limpidi di Venezia, le strade vuote e l'habitat abbandonato dagli umani, con le file di anatre e anatroccoli che scorrazzano sui marciapiedi, i delfini che giocano davanti a una spiaggia deserta della laguna. E soprattutto l'idea che questo sta succedendo anche in altre parti del mondo proprio a causa dell'epidemia che ha colpito l'umanità facendole fare un passo indietro.

 E allora, qualsiasi siano le nostre scelte, ma soprattutto quelle che hanno a che fare con la tutela del pianeta e del nostro ambiente di vita, non potremo più prescindere dalla necessità di tenere insieme le cose e di cambiare passo. In Italia secondo l'organizzazione mondiale della sanità muoiono 75 mila persone di inquinamento. Come vogliamo chiamarla questa che per alcuni non è una emergenza? Un'epidemia di inquinamento? E come pensiamo di fronteggiarla?

Detto questo, credo che si debba tenere ancora altissima la guardia, con i radar bene accesi sui percorsi che ci aspettano. Non tanto per deprecare ogni atto oggi compiuto sia a livello nazionale che locale, perché in una situazione così difficile e quali che siano le decisioni prese, qualche cosa purtroppo si sbaglia o si può sbagliare, anche se i margini di fallimento, trattandosi di vite umane, sia a livello sanitario che economico, dovrebbero essere minimi. E non lo sono stati.

Per quel poco che conosco di sistemi di produzione integrati, mi rendo conto di quanto sia difficile districare le filiere produttive lunghe e prendersi cura anche di quelle corte, vicine, delle piccole imprese, degli artigiani, dei ristoratori, dei rifugi, dei bar, dei parrucchieri, dei centri benessere, degli alberghi e del turismo in generale quando il distanziamento fisico diventa la condizione unica, e purtroppo attualmente unica, per scongiurare i contagi. La mancanza di mascherine per lunghissimo tempo, e per fortuna che eravamo chiusi in casa, ci ha resi consapevoli di quanto fosse e sia importante riconvertire, e fortunatamente lo si sta facendo anche in Trentino, in presidi sanitari che in altri Paesi d'Europa e a livello mondiale, erano ben presenti, dato che il tema della pandemia possibile, nelle alte sfere era tutt'altro che sconosciuto.

Passata la buriana, più che della denuncia avremo bisogno di segnare il tempo della ricostruzione come occasione per una totale revisione del sistema di vita, rimettendo in fila le priorità. Lavoro e sicurezza dovranno andare di pari passo, a maggior ragione ora, stante la già terribile situazione italiana legata agli incidenti e alle morti sul lavoro. Perciò in tempi di riapertura, necessaria a condizione che non metta a repentaglio la salute degli addetti, sarebbe auspicabile la formazione, azienda per azienda, di “comitati di salute sociale”, con gli stessi lavoratori che si auto tutelano e cercano anche di capire, insieme agli imprenditori, le produzioni superflue e quelle riconvertibili così da dare origine a una rete stabile  e a una ripresa di parola dal basso capace di durare oltre l'emergenza.

La complessità di questa sfida nasce soprattutto dal fatto che questa epidemia, certo fra le più mortifere, ha reso evidente, se ce ne fosse bisogno, il suo carattere globalizzante e l'interdipendenza anche con i luoghi più remoti del pianeta, ci ha messi di fronte al fatto che il contagio medico è diventato da subito anche contagio economico con crolli davvero molto preoccupanti del Pil a livello europeo e ancor più a livello nazionale. Ed è stata proprio l'interdipendenza a rivelarsi, con la crisi, un fattore di debolezza e fragilità. La fornitura di beni essenziali, nello specifico proprio il settore dei farmaci e delle attrezzature sanitarie, molte delle quali delegate alla divisione internazionale del lavoro, hanno pesantemente messo in discussione quella globalizzazione che aveva sinora messo in luce i suoi lati positivi dal punto di vista del capitale, almeno per quanto riguardava la creazione di un mercato globale integrato e articolato, in conformità a una divisione del lavoro spinta che sfruttasse al massimo i divari internazionali di costi e produttività.

Ora tutto questo ci ha presentato il conto. E non solo all'Italia. Gli Stati Uniti stanno accusando il colpo, riconoscendosi impreparati a contrastare le emergenze, ma anche impossibilitati a svolgere quel ruolo di leader globali che per ben settant'anni hanno interpretato. I processi lavorativi, tutti, e l'istruzione sono stati investiti da questa valanga distruttiva e sono stati costretti a potenziare l'automazione e modalità flessibili di telelavoro e di educazione a distanza, che sono indubbi elementi su cui riflettere quando tutto sarà definitivamente alle spalle. Ma evidenziamo anche il rischio concreto della perdita della socialità, del ruolo che il luogo di lavoro rappresenta per tutti e in particolare per le donne che in questa fase si sono trovate chiuse in casa, dovendo gestire in contemporanea lo smart working, la gestione della casa e la cura, anche scolastica, dei figli. Cose queste non sempre purtroppo condivise col proprio partner, vista la scarsa attitudine degli uomini italiano alla divisione equa dei ruoli nelle famiglie.

Il Covid 19 ha anche reso più visibili le linee di faglia già esistenti fra Nord e Sud del mondo, fra Est e Ovest, là dove i regimi sovranisti tanto cari alla destra italiana, hanno mostrato tutto il loro egoismo e l'assenza totale di solidarietà e partecipazione al dramma che si stava consumando. La recessione che seguirà questa crisi globale, pur influenzando negativamente tutte le economie, presenterà certo asimmetrie importanti e le pur imponenti politiche monetarie avviate dopo molte esitazioni dalla BCE, tra cui la sospensione dei vincoli della spesa pubblica imposti dal Patto di Stabilità, saranno fondamentali nel breve termine ma certo non faranno diminuire il debito. Politiche economiche europee di largo respiro e solidali, il lungo dibattito tra Mes e Eurobond, l'assunzione di una responsabilità globale, restano un fattore di speranza e attenzione per scongiurare l'enorme costo umano, sociale ed economico dell'epidemia che è sotto gli occhi di tutti. Il Ddl che stiamo discutendo, e che andremo a condividere e votare, a fronte di alcune intuizioni e proposte interessanti ci pone di fronte a qualche preoccupazione.

È stato evidenziato infatti come riservi la grandissima parte del sostegno alla voce “sviluppo e competitività”, le aziende potranno comprare, assimilare, assorbire altre ditte in crisi con una concentrazione di attività che non tiene conto delle piccole e medie imprese, da sempre considerate il valore aggiunto del nostro Trentino oltre che del Paese. Restano abbastanza al palo  le famiglie a cui arrivano poche risorse, si sacrificano sanità, mettendo in discussione i livelli minimi di assistenza da garantire,  e istruzione, con semplici spostamenti di voci di bilancio, dopo tutta l'enfasi messa su questi di ambiti fondanti del nostro vivere, messi in particolare rilievo in tempi di Corona Virus, in particolare per quanto attiene a tutto il personale sanitario, e senza averne discusso con le categorie interessate che hanno manifestato, oltre il metodo non accettabile, la loro volontà di farsi carico di altri sacrifici a spese di un rinnovo contrattuale a lungo atteso,  se solo fossero state coinvolte nelle decisioni.

L'altra voce molto sacrificata è quella relativa allo “sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente” (rifiuti, difesa del suolo, recupero ambientale) di cui ormai tutti si riempiono la bocca, tolto poi evitare di prenderlo realmente in considerazione al momento di scegliere ambiti su cui far calare la mannaia. Parliamo di venti milioni di euro. Quindi altri 5 milioni sottratti al miglioramento e al potenziamento delle aziende agricole, biologico compreso. Perché non si sono scelte altre strade, avanzi amministrativi, aumento della quota di debito, possibile attualmente fino a 100 milioni di euro anche senza autorizzazione statale, rendiconto della regione, puntando sugli sconti chiesti allo stato, con la possibilità di creare un piccolo deficit su questo anno da risanare nei prossimi? Invece si è puntato su tagli lineari in settori molto importanti a livello sociale, sanitario, culturale, ambientale.

Affronterò più approfonditamente il tema sanitario e quello della mobilita sostenibile in tempi di Corona virus con proposte contenute nei miei due ordini del giorno che spero saranno accolte, perché di assoluto buon senso e senza connotazioni ideologiche e di parte.

E come gruppo politico di Futura ho sottoscritto alcuni emendamenti migliorativi di alcuni articoli.

Quindi mi permetto di fare ancora qualche considerazione di carattere generale ma strettamente legata a ciò di cui stiamo discutendo.

Saranno il nostro territorio, la nostra salute e più in generale il futuro delle nuove generazioni a rimetterci se le nostre scelte non saranno, anche localmente, lungimiranti. Tra queste, credere nella riconversione ecologica dell'economia. Bisogna investire sulla resilienza sistemica senza rinunciare al benessere, e sulla bio economia circolare. Bisogna avere il coraggio di fare scelte importanti, ripensando il nostro modello di sviluppo che più sarà sostenibile più sarà resiliente. E allora dobbiamo fortemente interrogarci sulle ragioni di questa crisi, che come detto è sanitaria ed economica. Abbiamo letto studi importanti che correlano quanto ci accade, anche oltre il Covid 19, con la deforestazione, l'urbanesimo, gli allevamenti intensivi, il particolato nell'aria (vedi la situazione specifica e particolarmente grave di Wuhan, della Pianura padana, di New York o di Londra). Questa crisi sta producendo inoltre una quantità di rifiuti nuovi, mascherine e dispositivi sanitari, che unita alla consegna del cibo di asporto da ristorazione o dei supermercati, alla decisione di non vendere più generi alimentari sfusi, ma solo dentro sacchetti, con un esasperato confezionamento dei prodotti che ha accresciuto una situazione già molto pesante. Basti pensare che il packeging alimentare è aumentato dal 2 al 30%.

C'è stato, come prevedibile, un incremento esponenziale dei prodotti monouso che vanno a finire nella raccolta indifferenziata come tutti i presidi sanitari. Ecco perché le azioni politiche e informative nei confronti del tema “rifiuti”, meglio detti materia prima seconda se opportunamente differenziati e pure riutilizzati, dovrebbe essere all'attenzione dei governi e non penalizzato e messo nelle retrovie di decisori.
L'interruzione di alcune filiere ha portato però ad una nuova imprenditorialità e una riconversione, anche se forzata, delle attività produttive, come nel caso della Clariant che si è messa a produrre etanolo per rimettere alcol e disinfettanti sul mercato, o della Novamont che produce mascherine ed altri intermedi pubblici. Ma perché ciò avvenga deve essere consentito alle piccole imprese l'accesso al credit  e alla liquidità. La creatività e la necessità aguzzano l'ingegno ma non bastano per ripartire. Quindi ogni programmazione deve avere un respiro lungo che consenta alle nuove idee di sedimentarsi e andare oltre l'emergenza.

Anche per evitare che gli esiti ambientali di questa crisi peggiorino la situazione ambientale e paesaggistica.

Quindi oltre le misure che oggi andiamo a intraprendere credo che qualche riflessione debba essere fatta per definire gli ambiti e i settori su cui puntare.

Faccio alcuni esempi:

– sul recupero di settori produttivi abbandonati a causa della concorrenza extra UE (ad esempio sul tessile), cioè sul ritorno nel nostro paese e nella nostra provincia di alcuni settori importanti, perché nel corso della pandemia tutti ci siamo resi conto di cosa significhi dipendere dall'estero per la fornitura di determinati prodotti;

– sul finanziamento a fondo perduto per chi attua una conversione green;

– sulla riduzione dei costi per chi investe sulla produzione di biopolimeri che sostituiscano la plastica, in modo che il loro costo sia competitivo e comparabile a quello della plastica derivata dal petrolio;

– sullo sfruttamento di residui e scarti per la produzione di nuove filiere che regolamentino lo status di rifiuto e gli diano nuova vita;

– sul recupero di filiere abbandonate, tipiche del nostro Trentino, anche in agricoltura. Come ad esempio la canapa;

– sull'impiego della frazione organica per la produzione di biocombustibili;

– sul recupero delle aree agricole abbandonate o marginali per la produzione di biomasse;

– sulla produzione di prodotti bio attivi con funzione antivirale, con l'aiuto e le competenze dei nostri istituti di ricerca, partendo da conifere e da altre produzioni naturali già ampiamente individuate come gli agrumi per alcune regioni italiane;

– sulla produzione di dispositivi di protezione individuale;

– sulla produzione di prodotti ecocompatibili per il confezionamento;

– sulla produzione di infrastrutture che generino comportamenti utili ed eco sostenibili.

Le risorse ci sono e vanno utilizzate per fare le cose giuste. In caso contrario si tratterà di semplici palliativi che daranno un po' di respiro all'economia senza individuare strategie di lungo periodo che generino nuovo lavoro, anche indotto, occupazione di giovani motivati e formati a non appiattirsi sull'esistente, intraprendenti e coraggiosi.

Quel coraggio che tutti dobbiamo darci per non soccombere al virus non solo fisicamente ma anche a livello istituzionale, politico, economico e culturale.

A questo proposito sollecito questo governo provinciale affinché si occupi fortemente di tutto il settore culturale, che sta soffrendo particolarmente perché si basa in modo preponderante sul contatto tra artisti e tra gli artisti e il loro pubblico. Ogni evento è saltato e in crisi sono tutti i professionisti e anche l'indotto che ruota intorno a teatri, cinema, sale conferenze, biblioteche, sale concerto, spettacoli, cori, filodrammatiche, musicisti, ballerini e alle scuole coreutiche pubbliche e private. Serve un grande sforzo sia economico di sostegno ai lavoratori della cultura, che di valutazione delle condizioni con cui si potranno riprendere in sicurezza alcune attività. Moltissime persone anche in Trentino vivono di cultura e l'incidenza della cultura sul prodotto interno lordo nazionale è in costante aumento, se pure minore di quanto non lo sia nel resto d'Europa. L'aver dovuto cancellare tanti eventi di qualità, oltre ad essere una perdita enorme per tutti i fruitori, si sta trasformando in un danno di proporzioni enormi, cancellando decenni di impegno anche istituzionale.

Concludo rimarcando il fatto che le donne sono e saranno le più penalizzate da questa crisi, quelle che prima sono uscite e usciranno dal mercato del lavoro, quelle che sono assenti dai tavoli nazionali e provinciali, dalle molteplici task force che si sono dimenticate delle numerose donne di valore, come se le donne esperte in tutti gli ambiti non ci fossero, come se la loro voce e i loro saperi non fossero necessari per rifondare un futuro migliore e più giusto, dove il mondo torni ad essere uno spazio libero e condiviso, dove gli incontri avvengano dal vivo, dove nessuna donna debba rimanere rinchiusa e isolata, magari in balia di un uomo violento come è accaduto alle numerose donne morte per mano dei propri compagni negli ultimi mesi di lockdown, o di quelle che in qualche modo sono riuscite e a denunciare maltrattamenti, vessazioni e umiliazioni a cui assistono minori inermi. Il Covid 19 certo non ha facilitato la vita delle donne. Facciamo in modo di operare scelte che tengano conto in modo sostanziale anche della loro vita.

Grazie per l'attenzione e buon lavoro

Cons. Lucia Coppola

 

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